Tutto ciò che c’è dietro a un conflitto.
La conosci la storia dei due ricci che vorrebbero proteggersi dal freddo restando vicini vicini ma allo stesso tempo se si avvicinano troppo si pungono? Dopo un alternarsi di avvicinamenti e allontanamenti decidono di restare alla giusta distanza.
Una bella metafora quella trovata da Pasquale Adamo, Mental Coach e direttore della scuola di coaching MCI, per cominciare il suo lab sulla gestione del conflitto.
I conflitti, definiti come incompatibilità tra scopi perseguiti da attori diversi, nascono quando entriamo in contatto con la diversità e siamo convinti che sia l’altro a dover piegarsi alle nostre richieste. E da qui partono una serie di batti e ribatti ricchi di incomprensioni, giudizi errati, cattive interpretazioni che portano all’uso di urgenze espressive, di parole pesanti dirette alla persona e non più alla risoluzione del problema, fino a tragici epiloghi come quello che abbiamo visto in un’azzeccatissima scena di un film.
Poi subito in azione: ciascuno dei partecipanti ha scelto un proprio conflitto su cui poter lavorare durante l’intera giornata, indicando rispettivamente il “cosa sa”, il “cosa sente” e il “cosa vuole” riguardo alla personale situazione conflittuale in essere.
La sorpresa è stata scoprire che, man mano che affrontavamo il tema sempre più in profondità, ci siamo trovati a dover ribaltare il nostro punto di vista rispetto al rapporto con l’altra persona, il nostro presunto “antagonista” in questo conflitto: se in un primo momento abbiamo guardato la situazione dalla nostra personale prospettiva ritenendoci – chi più chi meno – i detentori della verità, Adamo ci ha accompagnati verso un nuovo modo di vedere le cose, più rispettoso, altruistico, umile e aperto alle esigenze dell’altro.
E lo abbiamo fatto attraverso un esercizio di visualizzazione in cui, divisi in coppie e posti uno di fronte all’altro, abbiamo provato a “vivere” ciascuno il proprio personale conflitto irrisolto, come se davanti a noi ci fosse davvero la persona con cui confliggiamo, fino a scoprire “cosa c’è dietro” quella stessa persona, quale bagaglio di esperienze, pensieri, attitudini, necessità, che suo malgrado la spingono a scontrarsi con noi. E molti di noi sono riusciti a vedere quello che ancora non avevano visto. Questo ribaltamento di prospettiva, questo cambio di paradigma è possibile, ci ricorda Adamo, proprio perché “il conflitto non è reale. Esiste solo nella mente delle parti in conflitto”.
Una nuova chiave di lettura, utile da portarsi a casa o in azienda per gestire i propri conflitti con nuove consapevolezze.
Perché i conflitti se gestiti male interrompono relazioni con ricadute negative anche sul nostro benessere. E sul lavoro, fanno saltare i progetti e minano il nostro successo professionale.
E poi forse, quando litighiamo, in fondo stiamo solo litigando con noi stessi, perché “ogni conflitto è l’espressione tragica di un bisogno non soddisfatto” per dirla con Marshaal Rosenberg.
I partecipanti si sono messi a nudo, confessando senza difficolta i propri conflitti irrisolti. E dal confronto che ne è nato, gli stimoli e le soluzioni suggerite sono state di sicuro aiuto per tutti.
Il passaggio evolutivo, il salto di qualità che ci viene chiesto è dunque quello che ci porta dal fare discussione al metterci in discussione. Ed è così che il litigare fa bene: quando lo scontro con la diversità si trasforma in incontro e diventa occasione di crescita, di conoscenza e di evoluzione reciproca.
Davide Dabbicco