Il lato positivo
21 giugno 2019
Il passaggio generazionale rischia quasi sempre di divenire un brusco e radicale cambiamento di rotta e condotta all’interno di un’organizzazione. Per rendere questo passaggio più graduale, efficace e appagante garantendo la prosperità dell’azienda del futuro, possiamo ricorrere - ottenendo grandi vantaggi - all’indagine apprezzativa (Appreciative Inquiry), un metodo inventato oltre trent’anni fa da David Cooperrider presso la Case Western Reserve University basato sulla (ri)scoperta ed esaltazione dei punti di forza individuali, di ciascun membro della famiglia e dell’intera organizzazione.
L’approccio tradizionale al cambiamento basato sul “problem solving”, spontaneamente ci porta a considerare che cosa nell’azienda di famiglia non va bene e andrebbe migliorato: si concentra dunque su ciò che è sbagliato, sui problemi da risolvere e ci consente esclusivamente di “tappare dei buchi”. Magari ci condurrà verso un passaggio generazionale “tecnicamente efficiente” ma di certo non lavorerà sul coinvolgimento attivo e a lungo termine delle persone all’interno dell’organizzazione e sulla loro “trasformazione collettiva” come agenti attivi del cambiamento.
Con l’indagine apprezzativa, siamo invece portati a considerare e recuperare ciò che in azienda già funziona, ciò che va bene, quegli elementi di stabilità e continuità con le generazioni precedenti che costituiscono il DNA dell’organizzazione. Si tratta in prima istanza di andare a individuare che cosa, nel cambiamento, non cambierà: i valori, le cose belle e positive che decidiamo volontariamente di portarci dietro, tanto da rendere il passaggio una “necessaria continuità”. Quel legame tra ieri, oggi e domani.
L’obiettivo è far sì che il passaggio generazionale venga vissuto con consapevolezza e determinazione sia dai membri della famiglia coinvolti che da tutte le risorse aziendali nel loro complesso.
L’AI non è dunque un mero strumento e neanche un semplice metodo: è un atteggiamento mentale, un cambio di prospettiva, un processo generativo che incrementa la volontà e la capacità delle persone di riconsiderare e valorizzare al meglio ciò che in genere si dà per scontato e ormai acquisito, con lo scopo di aprirsi a nuove possibilità future dove il cambiamento non lo si subisce ma lo si “vive”.
Il laboratorio sarà un viaggio molto concreto alla scoperta di questo approccio innovativo al servizio del passaggio generazionale.
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Davide Dabbicco
Classe 1976, nasco a Bari e rientro all’ovile dopo una formazione che mi porta a laurearmi con lode al DAMS di Bologna, a specializzarmi all’Accademia di Comunicazione di Milano in Marketing e Comunicazione d’Impresa, oltre a fare qualche significativa esperienza all’estero. Con un trascorso da pubblicitario e con svariate ore e attività di docenza alle spalle, oggi sono consulente in benessere organizzativo e positive change trainer presso aziende e organizzazioni, in cui mi impegno a dare il mio contributo per renderle dei posti migliori in cui lavorare. Più che un coach mi definisco uno “scotch”, dato che provo a tenervi attaccati alla sedia per tutta la durata dei miei interventi. Certo, ogni tanto vi stacco, per farvi fare utili e divertenti attività di gruppo. Poi vi riattacco. E in questo gioco di stacca/attacca forse sarebbe più opportuno definirmi un “post-it”. Appassionato ed esperto di psicologia positiva applicata ai comportamenti e ai cambiamenti organizzativi, in cui mi specializzo con Ronald Fry, sono autore del corso “Pensiero divertente ed energia positiva per le organizzazioni” e del libro “Sbalzi d’Umorismo”, pubblicato da Les Flaneurs edizioni. Marito e papà, traggo ispirazione dagli insegnamenti della Fede Bahá’í. Prendo la vita con leggerezza, “che la leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”, per dirla alla Calvino.