Le nuove frontiere della leadership

Dall’analisi del leader che è in ciascuno di noi alle più recenti teorie sull’efficacia delle decisioni sostenute dalla collettività.

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla leadership ma non avete mai osato chiedere. Questo il giusto incipit per parlare dell’incontro de i14 gestito da Vito Carnimeo, Senior Management Consultant: uno non proprio di primo pelo, uno che la sa davvero lunga in tema di leadership.

Qualche slide introduttiva di inquadramento teorico, ci ha chiarito la differenza fra leadership istituzionale, che definisce soltanto un ruolo e quella invece riconosciuta dai collaboratori e ci ha indicato che la parola chiave per una leadership efficace è la “presenza” del leader, nel qui ed ora, escludendo la possibilità che ci siano valide abitudini e meccanismi ripetitivi applicabili all’esercizio della propria leadership.

Poi, subito la parola ai protagonisti, i partecipanti, che con i loro “autocasi” hanno riempito la giornata di spunti utili e concreti di riflessione. Siamo passati dal particolare al generale, analizzando casi individuali di leadership inefficace, arrivando a commentarne insieme le motivazioni e passando dunque ai puntuali interventi di inquadramento teorico del docente.

Un bello e acceso dibattito frutto di un confronto collettivo votato all’apprendimento.

Le doti di un leader? Sapere, saper fare, saper essere e, soprattutto, saper sentire, con un orecchio e una certa dose di sensibilità rivolta alle esigenze, alle difficoltà e ai meriti dei propri collaboratori.

Ed è stato appunto confortante sentire, proprio all’interno di un ciclo di incontri focalizzato sulle competenze trasversali, che gli aspetti legati all’uso delle soft skill sono alla base della leadership: competenze che un buon leader deve possedere e che non si possono delegare agli altri, a differenza delle competenze tecniche. E man mano che si passa da una posizione intermedia di middle management, a una al top, il rapporto di necessità 70/30 espresso in termini percentuali tra competenze tecniche e competenze trasversali, si inverte.

Un altro insegnamento che i partecipanti si portano a casa è che il proprio stile di leadership può essere vincente in un’organizzazione e perdente in un’altra: non si può essere autoritari e assertivi con chi ama avere un certo livello di autonomia. E, di contro, è deleterio lasciare da solo sulla propria barca chi invece è smarrito e ha bisogno di essere guidato. Sia in un caso che nell’altro è certo che compito del leader è quello di attivare l’impegno delle persone, aumentandone il coinvolgimento e la motivazione.

E poi anche gli introversi e i timidi, se collocati nel giusto contesto, possono essere dei grandi leader. Alcuni interventi anche da parte dei coach e trainers in aula hanno illuminato i partecipanti, e alcune citazioni lette al momento giusto hanno ispirato la giornata, come quella di Sant’Agostino che dice “È meglio zoppicare sulla retta via che camminare speditamente fuori strada. Perché chi zoppica per la strada giusta, anche se fa un lungo percorso, tuttavia si avvicina alla meta; chi invece cammina fuori strada più corre e più se ne allontana”.

Degno di nota anche il focus sull’ open leadership, intesa come orizzontale, condivisa, distribuita e “aperta” appunto, così come concepita da Paolo Bruttini nel suo manifesto del 2014 e che porta i leader a prendere decisioni sempre meno imposte ma piuttosto sostenute dalla volontà dell’intero gruppo di lavoro.                                                                                                         

Davide Dabbicco